Il giorno 8 marzo è stato dedicato alle donne in seguito a diversi eventi, purtroppo anche tragici, che diedero voce alle lotte delle donne sul piano dei diritti, dell’economia, della politica e anche dello sport.
L’emancipazione femminile nello sport è stata resa possibile grazie a poche e coraggiose donne che hanno combattuto e si sono opposte ai limiti imposti ai loro diritti di sportive, ostacolati in parte fino agli anni ’60, periodo in cui era stato inoltre ottenuto il diritto di voto e la donna iniziava ad emergere in maniera rilevante nel mondo del lavoro.
Questa disparità sul piano sociale e sportivo è stata sostenuta dall’immagine della donna curata e devota alla famiglia che era in contrapposizione con l’idea di donna sportiva che dunque rappresentava qualcosa fuori dall’ordinario.
La figura femminile da sempre deve fare i conti con una società che le attribuisce valori quali la bellezza, l’eleganza, l’essere sempre e ad ogni costo attraente e che la rappresenta vestita da principessa con l’ordine di non sporcarsi. Valori per di più di apparenza, che non contemplano quegli aspetti positivi tipici dell’attività sportiva come per esempio l’essere coraggiose e determinate.
Solo poche settimane fa abbiamo sofferto ed esultato con i nostri atleti impegnati alle Olimpiadi invernali di Pyong Yang in cui, per il nostro paese, le atlete sono state le protagoniste assolute con 3 medaglie d’oro, una d’argento e 3 di bronzo (due delle quali da squadre miste).
A differenza degli sport individuali, lo sport di squadra è forse più “tormentato” da pregiudizi e discriminazioni che impongono una realtà idealizzata uguale per tutti. Specialmente calcio e rugby sono considerati per di più sport “da maschi; eppure, nel caso specifico del calcio femminile italiano, le nostre ragazze rimangono emarginate dall’attenzione mediatica pur essendo in testa al girone per la qualificazione al Mondiale.
Inoltre la legge 91/81 che in Italia regola il professionismo sportivo stabilisce che a decidere quali discipline sportive siano o meno professionistiche è il CONI in collaborazione con le Federazioni Sportive però non è ancora chiaro cosa distingua l’attività professionistica da quella dilettantistica.
La mancanza di chiarezza sta determinando una grave discriminazione, penalizzando molti atleti, in particolare le donne.
Spesso si attribuisce la colpa all’assenza di grandi numeri. Ma non è sempre così, se prendiamo in considerazione la pallavolo, le donne tesserate sono molte più degli uomini: 279.893 contro gli 88.050 maschi (dato Legavolley 2014). Il campionato femminile infatti è diventato un appuntamento fisso sui canali televisivi, con un largo seguito di pubblico. Eppure ancora non si parla di professioniste.
In questi ultimi anni in Europa si sta affermando sempre di più la pallamano. Francia e Germania sono le punte del movimento in Europa, che poi coincide anche con l’elite mondiale della disciplina, visto che il titolo mondiale (sia maschile che femminile) non è mai uscito dal nostro continente.
A livello internazionale questa disciplina riscontra un altissimo interesse sia per le squadre maschili che femminili. Nei Giochi Olimpici di Rio 2016, per esempio, la pallamano è stata seguita da milioni di spettatori di tutto il mondo e dalle statistiche pubblicate dal giornale brasiliano “Globo”, è stata battuta solamente dal calcio in termine di biglietti venduti.
In Italia qualcosa sta cambiando. I tesserati sono in costante aumento e i miglioramenti si intravedono anche a livello di nazionale.
Per fortuna discutere di sport è anche trasmettere e condividere emozioni, per quanto ci riguarda in quanto giocatrici di pallamano, abbiamo sentito tutto il supporto offerto dalla nostra società e il calore che ogni settimana i nostri tifosi ci riservano. Siamo testimoni di un calore sempre più crescente per questo sport in tutte le manifestazioni presenti sul territorio. Ci troviamo di fronte ad una forte sfida che stiamo affrontando mettendoci in gioco ogni giorno come singole giocatrici e come squadra, “sporcandoci le mani” per superare sempre di più i nostri limiti come esempio di passione per lo sport, che in fondo è quello che conta di più.
by Le ragazze della squadra di A1 femminile della Pallamano Oderzo.